The Occhio Al Testimone
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Richard Dreyfuss ed Emilio Estevez ritornano nel ruolo dei determinati detective di Seattle, questa volta costretti ad agire sotto copertura insieme ad un inesperto vice procuratore distrettuale (Rosie O' Donnell). Con Dreyfuss e O' Donnell che giocano a moglie e marito ed un irresistibile Estevez costretto a tagliarsi i baffi per far credere di essere loro figlio, il caos e il disastro prendono il sopravvento, mentre spiano dei vicini sospettati di dare asilo ad una testimone minacciata dalla mafia che è in fuga dagli agenti dell'FBI e da un pericoloso killer.
Bill e Chris sono due poliziotti incaricati di trovare un testimone molto importante nell'imminente processo ad un gangster di Las Vegas. Insieme a loro c'è anche la procuratrice distrettuale Gina, con il cane al seguito. I tre si fingono una famiglia e si trasferiscono in una casa nei pressi del nascondiglio dell'uomo che cercano.
Occhio al testimone è stato accolto dalla critica nel seguente modo: sull'aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes il film ha ottenuto un punteggio medio del 16% sul 100%, su Metacritic ha invece ottenuto un voto di 53 su 100 mentre su Imdb il pubblico lo ha votato con 5.6 su 10
Ogni scatto è un "cazzotto" all'osservatore, una frustata che serve a dirci quanto male c'è dietro l'angolo e quanto altro ce ne è in noi che fingiamo di ignorarlo per dedicarci alle invidie, alle gelosie agli insulti della routine quotidiana. Senza nessuna mediazione, senza nessun fronzolo senza commozione. Solo quello che è, perché è e come è. Impossibile da contestare da insinuare da smentire. La fotografia, cieca testimone della realtà più dura.
Valerio Berdini © 06/2001 Riproduzione Riservata Dettagli del libro Titolo: L' occhio testimone Autore: Nachtwey James Traduttore: Mauro A. Editore: Contrasto DUE Data di Pubblicazione: 2001 Pagine: 94 Prezzo: Euro 23.24
MA SIETE proprio sicuri? Siete sicuri che le cose si siano svolte così come le ricordate? Nella vita, ognuno di noi è continuamente testimone involontario di dialoghi, di fatti, di vicende che la nostra memoria "fotografa" e archivia tra le sue cellule nervose. Tutta questa massa di ricordi è destinata solitamente a rimanere nell' ambito delle nostre esperienze private. A volte, invece, può sconfinare nel pubblico; a volte, cioè, possiamo essere chiamati a testimoniare su ciò che abbiamo visto o sentito. Siamo allora dei testimoni attendibili, anche se onesti? Da qualche tempo, studi di psicologia sembrano ridimensionare notevolmente la certezza della testimonianza oculare: quella resa da un individuo che ha casualmente assistito a un fatto criminoso. Perchè? Perchè il nostro cervello ha difficoltà a fissare in ogni dettaglio un avvenimento che spesso si è svolto in tempi brevi, che magari riguarda persone mai viste prima e che ha avuto uno svolgimento imprevedibile. Non solo, ma col tempo questo ricordo tende ad alterarsi per effetto di informazioni successive e di influenze esterne. Un numero crescente di esperimenti mostra questa difficoltà di fidarsi ciecamente dei testimoni oculari. Anche noi, nella rubrica televisiva "Quark", qualche tempo fa abbiamo realizzato un esperimento, mostrando il film di un omicidio (simulato da due attori) a un pubblico di otto persone. Quasi tutti (interrogati separatamente) riconobbero l' omicida in un gruppo di fotografie loro sottoposte: non soltanto indicarono persone diverse, ma la foto dell' omicida non era nel gruppo; inoltre nel film questo omicida era sempre visto di spalle, e quindi nessun testimone aveva potuto vederlo in faccia! Questo esperimento, realizzato da Marco Visalberghi con l' aiuto del professor Robert Buckout dell' Università di Brooklyn, non è un fatto anomalo; un esperimento di altro tipo, sempre per "Quark", è stato in questi giorni realizzato (verrà trasmesso in un prossimo futuro), e mostra analoghi errori di testimonianza. Da varie ricerche risulta che un testimone oculare è solitamente attendibile quando: 1) conosce i personaggi; 2) non ha pregiudizi; 3) ha avuto un lungo "tempo di esposizione"; 4) i fatti si sono svolti in uno spazio limitato; 5) l' illuminazione era sufficiente; 6) l' interrogatorio è avvenuto subito dopo; 7) non è stato influenzato dalle domande. Naturalmente non è detto che una testimonianza non sia attendibile anche quando mancano queste condizioni. Tuttavia molti studi mostrano che il nostro cervello può ingannarsi. Ciò che abbiamo nel cervello, infatti, non è una "fotografia" dell' avvenimento: ma, più probabilmente, solo dei materiali per ricostruire l,immagine, vale a dire degli elementi, dei parametri, che vengono ogni volta rimontati insieme, in base a un processo ancora non chiaro. Elizabeth Loftus, una ricercatrice americana che forse più di chiunque altro ha studiato i problemi della testimonianza oculare, ha scritto in proposito un interessantissimo volume, di recente ristampato (Elizabeth F. Loftus: Eyewitness Testimony, Harvard University Press, pagg. 253), nel quale analizza le varie possibilità di errore in cui un testimone può cadere anche con riferimento a celebri casi giudiziari. Vale la pena di citare i punti salienti di queste ricerche, che comprendono studi fatti da varie Università. Intanto, come si diceva, contano le condizioni di osservazione del fatto: buona illuminazione, area circoscritta, lunga durata, presenza di colori e rumori. E' importante anche il livello di attenzione: quando sale il livello emotivo, sale pure la capacità di percepire un avvenimento. Ma si è scoperto che, al di là di una certa soglia emotiva, si ha nuovamente una diminuzione nell' attività di apprendimento, poichè una forte emozione (per esempio un' immagine molto violenta) crea stress. C' è poi la questione della ritenzione e del recupero del ricordo. Secondo alcuni il ricordo rimane per sempre, anche se sepolto sotto cumuli di altre memorie; il problema sarebbe il recupero. Secondo altri, invece, col passare del tempo può verificarsi un' alterazione irreversibile, cioè il testimone può impastare il suo ricordo con altre immagini; in tal caso può scambiare per originale un' informazione acquisita successivamente. Al di là della disputa teorica, molti esperimenti mostrano che, in pratica, questa alterazione può effettivamente verificarsi. Si è visto, per esempio, che dopo un incidente i testimoni oculari, parlando tra loro, involontariamente possono far proprie delle osservazioni altrui, credendo di averle fatte in prima persona. Con altri esperimenti si è cercato di capire come si comporta un testimone oculare quando gli si riferisce qualcosa in contrasto con quanto ha visto: solitamente il teste tende a un "compromesso" tra le due versioni. A volte lo si può addirittura indurre a ricordare oggetti inesistenti; per esempio una donna, fingendo un tentato furto alla stazione, elencava gli oggetti contenuti nella sua borsa: una settimana dopo, i testimoni, interrogati, fornivano particolari su quegli oggetti che non avevano visto, perchè la borsa era chiusa (e non li conteneva neppure...). Un testimone oculare può quindi essere influenzato. Ma qual è il momento migliore per influenzarlo? Da prove fatte risulterebbe che un' informazione falsa fornita subito dopo l' evento ha minor effetto sulla memoria di una fornita poco prima della deposizione. In altri termini, l' invecchiare del ricordo permette più facilmente l' introduzione di notizie false. Dopo un anno diventerà molto difficile capire se una certa informazione è stata ottenuta da una fonte piuttosto che da un' altra. Un altro fattore che può alterare la percezione è la griglia dei pregiudizi che operano inconsapevolmente dentro di noi. Per molti, ad esempio, una donna al volante è un' incapace, e la loro attenzione sarà rivolta a sottolinearne gli errori. Così, se si mostra il filmato di un fallo avvenuto durante una partita di calcio, i tifosi delle due squadre lo "vedranno" in modo diverso, se non addirittura opposto. Ci sono molti altri tipi di pre-giudizi inconsci: come quello di ritenere che gli asiatici siano precisi, i grassi gioviali (e che coloro che vestono di nero e portano occhiali neri, menino gramo...). Tutto ciò influenzerà in modo sotterraneo il giudizio, e quindi anche la testimonianza. Questo "etichettare" le persone può agire anche a distanza: nel senso che col passare del tempo il ricordo si adagia sul pregiudizio, "censurando" inconsciamente quei particolari che constrastano con esso. Un' altra trappola mentale è quella di cercar di razionalizzare un fatto. Un testimone oculare, infatti, può fare supposizioni per colmare certe lacune e per dare una logica a ciò che ha visto. Supporre però è molto pericoloso: perchè questo "ponte" può entrare poi nella struttura del ricordo, diventando, col tempo, parte integrante della testimonianza. Per tutte queste ragioni è estremamente importante interrogare al più presto un testimone, anche perchè la memoria può essere rapidamente distorta, soprattutto se gli altri testimoni oculari sono amici, o colleghi di lavoro. Ma come interrogare? Gli interrogatori sono spesso fatti in stato di alta emotività, e possono condizionare involontariamente il testimone. Si può infatti, con le domande, fornirgli indirettamente delle informazioni e riottenerle poi sotto forma di testimonianza. Ciò può accadere, in particolare, quando la polizia ha già dei sospetti (o una teoria) su un caso. L' interrogatorio inoltre dovrebbe sempre mettere il testimone nelle migliori condizioni per ricordare. Si è constatato da tempo, per esempio, che l' ambiente originale aiuta a ricostruire ciò che si è visto. E si è capito, soprattutto, che esistono due diverse strategie per interrogare: il racconto libero e l' interrogatorio. Il primo consiste nel chiedere al testimone di raccontare tutto ciò che ricorda, il secondo consiste invece nel rivolgergli precise domande. Confrontando i due metodi, si è scoperto che il racconto libero contiene meno errori, ma di solito è incompleto; l' interrogatorio, invece, contiene più inesattezze, ma solitamente è più completo. L' esperienza, dice la Loftus, suggerisce di usare entrambe le tecniche: ma il racconto libero deve sempre precedere l' interrogatorio, poichè invertendo l' ordine si possono verificare gravi distorsioni, in quanto le domande possono condizionare le risposte. In quale modo? Si è provato, per esempio, a domandare alle persone che uscivano da una farmacia quanti farmaci consumavano in media durante la settimana, a volte chiedendo: "Uno, due o tre?", altre volte chiedendo: "Tre, quattro o cinque?". Ebbene, nel primo caso si otteneva una media di due, nell' altro caso una media di quattro... Naturalmente anche lo status di chi interroga può influenzare il testimone: se l' interrogante è una persona autorevole, il testimone si impegna di più, e tende a compiacerlo se avverte un preciso orientamento nelle sue domande. Sono questi soltanto alcuni degli elementi che risultano dallo studio della testimonianza umana, osservando il modo in cui viene fatto emergere dalle cellule cerebrali ciò che esse hanno registrato durante l' avvenimento. L' esperienza dice che, a volte, anche l' apparente sicurezza di un testimone (che può sembrare più attendibile di un testimone cauto) non è una sufficiente garanzia: molti studi smentiscono questa relazione sicurezza-precisione. E' evidente che la testimonianza oculare rimarrà sempre uno strumento essenziale per le indagini e per la ricostruzione dei fatti; questi studi non tendono certo a dimostrarne l' inutilità, ma ci suggeriscono che l' orologeria psicologica del nostro cervello è più complessa di quanto spesso si pensi, e che occorre capirla meglio se si vogliono evitare errori. Altrimenti, in perfetta buona fede, correremo il rischio di non sapere che ora è. 2b1af7f3a8